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In difesa dei bambini

Ho seguito in questi giorni, come tanti hanno fatto, sui giornali e in TV il caso del bimbo costretto a seguire i poliziotti che, eseguendo un ordine della magistratura lo strappavano, letteralmente alla madre (in questo caso ai suoi familiari, ma è la stessa cosa) per consegnarlo al padre.

Un fatto che ha suscitato un clamore eccezionale sul quale tutti, ma proprio tutti, si sono sentiti in dovere d’intervenire, scrivendo fiumi di parole. Soprattutto gli esponenti della destra in tutte le sue varianti. Un fiume  di  parole,  di  dichiarazioni,  a  partire  dai  presidenti  di  Camera  e  Senato,  di  interrogazioni  intese  a seguire e cavalcare l’onda della indignazione popolare.
“L’Italia e le sue istituzioni non tollerano offese ai diritti dei minori, delle bambine e dei bambini”.
Come sempre un sacco di balle e una montagna di ipocrisia.

Gli stessi che oggi si stracciano le vesti hanno chiesto e praticato lo sgombero dei Rom e degli Zingari dalle periferie  delle  loro  città  e  dei  loro  paesi,  senza  alcuna  preoccupazione  per  il  diritto  allo  studio,  alla frequenza e alla continuità scolastica di tantissime bambine e bambini con largo consenso di tanta parte dell’opinione pubblica, delle cittadine e dei cittadini che giustamente oggi sono indignati per l’offesa fatta a quel bambino.

In  queste  settimane  Rifondazione  Comunista  è  impegnata  in  una  forte  campagna  contro  gli  sfratti,  per garantire soluzioni negoziate, per impedire che famiglie con bambini vengano messe su una strada. Sembra che di questo nulla si sappia.

Mentre si parla dei diritti dei minori, della fragile psicologia dei bambini, della necessità di difenderli da traumi, più volte ci è capitato di essere l’ultimo fronte di una mediazione possibile, di intervenire anche assumendo impegni materiali concreti, perché famiglie con figli dall’età dai due ai dieci anni non venissero gettate letteralmente in strada e questo senza l’ombra della presenza dei servizi sociali, ma con quella ben più concreta dei poliziotti in divisa e del fabbro pronto a cambiare la serratura.

Questo  anche  nella  democratica  Padova  del  sindaco  Zanonato  dove,  così  come  accade  nei  paesi  della provincia diversamente governati, a molte famiglie migranti viene indicata da molti assistenti sociali come unica soluzione possibile quella del rientro nei paesi d’origine.

Bambini nati in Italia, scolarizzati in questo paese, non hanno evidentemente nessun diritto quando i loro genitori sono poveri e senza lavoro.

Possono uscire di scuola e non poter rientrare nella casa da dove la mattina sono usciti e trovarsi senza gli spazi e le cose che costituiscono per loro una sicurezza.

Subiscono dei traumi, ma di questo non frega un cazzo a nessuno.

Meno  che  mai  ai  politicanti  che  usano  indifferentemente  slogan  e  campagne  d’opinione  a  seconda  dei vantaggi elettorali che ne possono trarre.

Mi è capitato più volte di parlare con compagni e compagne del mio partito che, per sfortune familiari, hanno subito lo sfratto dalla loro casa.

A distanza di decine di anni, ricordano ancora quella esperienza come dolorosa e traumatica. Un’esperienza di  sradicamento  violento  che  oggi  si  ripete,  dolorosamente,  per  tanti  bambine/i  invisibili,  rese  invisibili dall’indifferenza che li circonda.

A noi l’orgoglio di schierare a loro difesa il nostro partito comunista formato mignon.

Paolo Benvegnù
segr. prov.le di Rifondazione Comunista Padova

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