Sahraoui Mouloud – Cgt Geodis Francia, “Lotte in Francia”

Sahraoui Mouloud – Cgt Geodis Francia, “Lotte in Francia”

Intervento di SAHRAOUI MOULOUD: sindacalista CGT Geodis (Francia). Traduzione di Paolo Ferrero

Ciao a tutti! Grazie di avermi invitato a questo convegno sulla logistica. Vi parlerò della mia esperienza in un settore molto importante all’interno della logistica: i trasporti.
Io lavoro in Géodis Logistics (Ile De France, Paris, oltretutto sede della SNCF, la società nazionale delle ferrovie francesi). Voi forse sapete ciò che sta accadendo in Francia con la questione dello smembramento delle ferrovie nazionali – vedi riforma Macron – e la loro parziale privatizzazione. Geodis è un pezzo importante della società ferroviaria francese. Tuttavia, non scenderò nei dettagli, ma fornirò un quadro generale per capire perché siamo arrivati a questi scioperi e alle lotte.
Nel 2006, la SNCF ha creato al suo interno delle filiali al fine di agire un “dumping sociale” contro i suoi lavoratori. SNCF ha scelto questa strategia per produrre elementi di differenziazione tra i lavoratori, innanzitutto introducendo camion al posto dei vagoni per il trasporto delle merci.
Prima del 2006, i costi riguardanti la lavorazione del carico-scarico delle merci nei vagoni (e quant’altro) erano corretti e controllati dai sindacati. Dopo il 2006, grazie all’alterazione provocata dalla nascita di tante “filiali” (Geodis, per esempio) ha permesso a SNCF di applicare differenziazioni salariali, e a ribassare il salario degli altri settori.
Geodis è diventato l’attore logistico più importante in Francia e in Europa, ed ha una posizione importante nel mondo. Nel nostro settore, la ristrutturazione che ha visto la nascita di Geodis ha introdotto molta standardizzazione e robotizzazione. L’elemento più importante, nelle lavorazioni, è l’URGENZA; il fattore TEMPO. In Geodis si lavora immersi nell’urgenza e, contemporaneamente, lavoriamo con tempi e procedure non standardizzati. Sembra una contraddizione, ma tutto si spiega con il fatto che i colli che lavoriamo non sono standardizzati: possono essere grandi imballi di motori, oppure medicinali, o alimentari, ecc.ecc.; e quindi tutti diversi tra loro.
Lo stabilimento di cui vi parlo è quello che produce i maggiori profitti. Il motivo per cui fanno tanti profitti è proprio per quel tipo di lavoro non standardizzato, che richiede molta manodopera. Sulla abbondante forza lavoro viene scaricata la possibilità di aumentare i profitti. Si esperimenta il capitalismo “folle” (ma non troppo) che tende unicamente a massimizzare i profitti. E allora bisogna sempre correre, correre, correre…
Lavoriamo 80mila colli al giorno, a meno di un’ora da Calais. Nella giornata dobbiamo fare in modo che gli 80mila colli transitino ed escano dai magazzini. Ovviamente, per colli si intendono i pacchi “finiti”. Non si tratta della singola scatola, ma dei pallet confezionati. Le problematiche sono evidenti: lavoriamo sempre più colli, con sempre meno lavoratori, sempre più in fretta e con meno mezzi materiali (muletti, carrelli, ecc.). le conseguenze di queste “innovazioni” sono altrettanto evidenti sulla vita del lavoratore. Il continuo aumento della produttività si ripercuote sui lavoratori: aumentano soprattutto i danni alle articolazioni, alla schiena e agli arti.
Non sto facendo un discorso teorico. Prima di me, ci sono state interessantissime relazioni che hanno inquadrato teoricamente e sistematicamente la logistica. Io oggi vi parlo delle condizioni di lavoro concrete, delle migliaia e migliaia di situazioni in cui c’è solo lo sfruttamento fisico dei lavoratori.
Vedete questa immagine dietro dime? Le lotte e le manifestazioni che vedete non sono state fatte per “mandare l’azienda a gambe all’aria”, bensì solo per conquistare uno strumento contrattuale. Infatti, fino ad oggi, non c’è un tavolo di contrattazione contrattuale. L’impresa ha cura solo dei suoi profitti, mentre non esiste nessun rapporto né dialogo tra impresa e lavoratori. Quindi, già conquistare un tavolo contrattuale è la conquista più grande. Non c’è una normale vertenza in cui tu lotti ed il padrone resiste. Lottiamo per essere ascoltati, rispettati nei nostri diritti.
Per riuscire ad organizzarci – nella CGT – abbiamo dovuto fare un duro lavoro per portare i lavoratori ad essere consapevoli delle loro condizioni, prima, e dei loro diritti, poi. Poi c’è stata l’elezione dei rappresentanti e la CGT ha guadagnato l’87% dei voti tra gli operai. In questo stabilimento (indica diapositive alle sue spalle, in cui si vedono cortei di protesta, striscioni e bandiere impugnati dai lavoratori) è iniziata una vertenza su vasta scala, poi allargata come una macchia d’olio fino al livello nazionale. Pieno merito della capacità di lotta e della mobilitazione democratica dal basso.
È questa grande azienda – la Geodis – che gestisce la logistica nel trasporto su gomma (camion e furgoni). È chiaro che l’articolazione del gruppo SNCF-Logistica è vasta e qui vedete (indica diapositive alle sue spalle) le nostre lotte nel cosiddetto “settore camion”, trasporto su gomma, il più articolato e sviluppato in Geodis.
Geodis è molto impegnata nella repressione delle proteste dei lavoratori, ma in particolare nella repressione dei sindacalisti. Ripeto: non c’è un tavolo contrattuale e così l’azienda si muove usando la forza repressiva dello stato (gendarmeria) per reprimere le lotte ed i sindacalisti che le organizzano. Questo è un capitalismo che se ne frega dell’”umano” e bada solo al profitto.
Nel 2015 è scoppiata un’occupazione che è durata un mese ed ha bloccato la movimentazione di tutte le merci. Nella logistica, il blocco delle merci è una cancrena per il padrone. Dopo quel mese di lotte e di occupazioni, abbiamo lavorato ad allargare il fronte delle rivendicazioni, coinvolgendo anche altri settori della società: gli studenti, i lavoratori ospedalieri, ecc..
Il 24 aprile 2018, c’è stata la più grande manifestazione. Tra le altre, sono state portate avanti due principali rivendicazioni: aumento salariale e stop alla repressione sui sindacalisti. Nel nostro stabilimento lavorano 180 lavoratori a tempo indeterminato e 130 giornalieri. Sottolineo in particolare lo sfruttamento della manodopera precaria come caratteristica fondamentale. Così il padronato mantiene i salari più bassi – dumping salariale – e cerca di dividere il fronte unito dei lavoratori, brutalmente ricattati.
Noi vogliamo e rivendichiamo che i lavoratori possano lavorare in modo dignitoso, e affinché si possa ottenere anche un’evoluzione di carriera: possibilità oggi inesistente.
Nel contesto generale della logistica, così come si è raffigurato oggi attraverso le relazioni che mi hanno preceduto – organizzazione capitalistica del lavoro, sistema di sfruttamento, ecc. – risulta evidente che nella logistica non si tiene in conto la condizione umana né la salute dei lavoratori. Nel “mio” enorme stabilimento, le persone vanno a lavorare per poter vivere dignitosamente, mentre aumentano gli incidenti, anche gravi, e diminuisce statisticamente l’aspettativa di vita, principalmente a causa del logoramento fisico, continuo, in condizioni di lavoro sempre più pesanti. Noi lottiamo ma non è per scelta: siamo obbligati a farlo come necessità di sopravvivenza, per migliorare le nostre precarie condizioni.
Guardando all’Europa, un continente ultra liberale in cui funziona al massimo la concorrenza tra i lavoratori, noi invece vogliamo un’Europa che imponga delle regole per garantire a tutti i lavoratori uno standard di regole minime, in modo da eliminare la feroce concorrenza tra i lavoratori.
Nella condizione che vi ho descritto – non faccio politica politicante – non posso non vedere che in Europa sta montando una serie di nazionalismi che mette uno contro l’altro i vari paesi europei. Ma nei vari paesi si tende a mettere uno contro l’altro i lavoratori, usando gli antichi pretesti della diversità: specialmente la diversità nel colore della pelle. In realtà è vero che noi siamo tutti esseri umani, senza distinzione di colore della pelle o di nazionalità. Siamo tutti sfruttati! E ciò ci unisce all’interno di questo capitalismo disumano.
Senza fare discorsi politici, io propongo innanzitutto l’unità di classe: il vero problema di fronte a noi, in Europa e nel mondo. I padroni usano il nazionalismo per metterci uno contro l’altro, in competizione. Ma noi, invece, dobbiamo riuscire ad unire tutti i lavoratori e porre al centro del dibattito una vita migliore per una umanità migliore. La divisione tra i lavoratori all’interno delle singole nazioni, e le nazioni tra di loro, è utilizzata al massimo per sfruttarci meglio. Così ne ha beneficio solo il padronato. Noi no!

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