Lotte

Monti taglia i fondi anche all’ANPI

di Martina Castigliani

Un documento di sei pagine, con cui l’Anpi Nazionale e l’Istituto Alcide Cervi presentano una campagna di contrasto al neofascismo e di rilancio dell’antifascismo, lanciando un grido d’allarme ad un governo che sembra essersi dimenticato di loro.

Infatti il governo di Mario Monti, ripartendo i contributi annuali per le Associazioni combattentistiche, li assegna in parte alle Associazioni d’arma, ma per il 2012 non ha  assegnato nulla alle associazioni partigiane, con provvedimenti che Anpi e Istituto Cervi definiscono “di vera e autentica discriminazione”.

“Sarebbe molto grave se si confermasse questa scelta”, puntualizza Armando Sarti, presidente Anpi di Bologna, “Il problema è che l’Anpi, come altre associazione partigiane, di una robusta sforbiciata ai fondi ne ha già risentito nel 2011. Questo ulteriore provvedimento del governo Monti aggrava il bisogno di portare avanti i temi della memoria e dell’antifascismo”

Per presentare tale documento si era scelto il 2 luglio, proprio a Casa Cervi, a Gattatico, il luogo simbolo della memoria partigiana in Emilia, là dove i sette fratelli Cervi vennero uccisi e là dove il ministro dell’interno Anna Maria Cancellieri avrebbe dovuto recarsi per l’iniziativa “Zona democratica. Limite invalicabile”.

In quella data, un consiglio dei ministri d’urgenza aveva richiamato il ministro a Roma e l’occasione di confronto diretto tra associazione partigiani e governo era saltata. Per questo si è scelto in extremis il 25 luglio, data calda per la memoria partigiana e giorno in cui Carlo Smuraglia, Presidente dell’Anpi nazionale presenterà il documento con due ospiti d’eccezione, Carlo Lucarelli e Loris Mazzetti.

L’Anpi, come le altre associazioni partigiane italiane, sono in attesa della decisione del governo per l’erogazione di fondi che possono determinarne la sopravvivenza. E in questo contesto di grande preoccupazione, i promotori della campagna sottolineano l’importanza della loro lotta in un’Italia in cui “risulta ancora insufficiente il livello di democratizzazione e di formazione all’interno di Corpi che dovrebbero essere sempre e concretamente impegnati nella difesa della democrazia e della convivenza civile”.

Le dure parole del comunicato stampa rievocano alcuni degli eventi più tragici della storia contemporanea italiana, uno fra tutti il G8 di Genova: “Noi siamo convinti che gran parte degli appartenenti alle forze dell’ordine è rispettosa delle norme costituzionali e dei doveri connessi alla loro funzione; – dichiarano Anpi e Istituto Cervi, – ma non possiamo non constatare che ancora troppi sono gli episodi di violenza ingiustificata e arbitraria, da quelli  collettivi (per tutti, l’esempio del G8 di Genova) a quelli individuali (episodi anche recenti, di cui si è diffusamente occupata la stampa, come i pestaggi di cittadini inermi e gli “anomali” trattamenti riservati ad alcuni arrestati”.

Il 25 luglio non è un giorno come gli altri: ogni anno, Casa Cervi ripercorre una tradizione che ricorda il gesto di Alcide Cervi, il papà dei sette fratelli fucilati dai soldati repubblichini nel settembre ‘43, che quel lontano giorno d’estate decise di offrire da mangiare alla cittadinanza. “Ho sentito tanti discorsi sulla fine del fascismo, ma la parlata più bella è stata quella della pastasciutta in bollore”, sono le parole che si dice pronunciò papà Cervi.

Il 25 luglio del 1943 infatti, i contadini della bassa emiliana e con loro i tanti partigiani, pensarono che la guerra fosse finalmente finita e decisero di festeggiare. Mussolini era stato arrestato e Alcide mandò nelle campagne parenti e conoscenti a cercare la farina per poter cucinare una pastasciutta da offrire a tutta la cittadinanza. La guerra in realtà non sarebbe finita quel giorno e i suoi figli, i suoi sette figli partigiani, sarebbero stati fucilati da lì a qualche mese. Il 25 luglio è rimasto così nel cuore della gente, di contadini e nipoti lontani che ogni anno si ritrovano in quello stesso cortile per festeggiare la resistenza e soprattutto non dimenticare.

In quella serata avverrà anche la premiazione dell’undicesima edizione del “Festival di Resistenza”, dove compagnie teatrali si presentano per raccontare storie e ricordare, in una rassegna che per tutto luglio ha accompagnato i cittadini della campagna emiliana. Casa Cervi infatti era sì un casolare contadino, ma anche un centro di cultura e innovazione, là dove papà Cervi insisteva perché oltre la campagna e la lotta ci fosse il tempo per lo studio, perché “dopo un raccolto ne viene un altro” e bisogna saper ricominciare imparando dai propri errori.

Il teatro è parte integrante della tradizione di casa Cervi, e non solo grazie al “teatro di stalla”, di quando i contadini si incontravano la sera nell’aia del casolare per intrattenersi recitando storie, ma anche grazie alla storia dei Sarzi, famiglia di teatranti di strada, partigiani attivi dell’antifascismo e a lungo tempo ospiti di quel casolare. La rassegna dedicata alla memoria, cominciata il 7 luglio, vede ancora due spettacoli in attesa del gran finale di mercoledì prossimo. Questa sera è la volta di “Dux in scatola, autobiografia di Benito Mussolini”, di Daniela Timpano; lunedì invece, la compagnia Carullo-Minasi mette in scena “Due passi sono”, spettacolo anticipato da una tavola rotonda dedicata a “Teatro Popolare, continuità e differenze” con Gigi Dall’Aglio, regista del Teatro Stabile di Parma e Remo Melloni, docente Scuola d’Arte Grammatica Paolo Grassi di Milano.

da Il Fatto Quotidiano

Fonte: www.rifondazione.it

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