Lotte, Politica

Il governo liberista e la corruzione

di Giovanni Russo Spena
La cosiddetta “legge anticorruzione”, voluta dal governo Monti, ha un segno preciso: Monti non è solo assolutismo liberista, distruttore del Novecento delle grandi narrazioni popolari, ma anche continuità della corruzione (berlusconiana ma non solo) come “sovversivismo dei ceti dirigenti”. La corruzione, infatti, lo sappiamo, non è una patologia del sistema del capitale, ma una “normalità” fisiologica del modello liberista (e della sua crisi strutturale). Essa è parte, anzi, del processo di valorizzazione del capitale. Insieme all’accumulazione della “borghesia mafiosa” è componente niente affatto irrilevante dello stesso PIL (dati ufficiali parlano di 1/5 del PIL nazionale). Oggi, dopo le ruberie della giunta Formigoni,tutti fingono di avere scoperto la mafia al Nord.

Sono 20 anni che il Centro Impastato, Libera, i compagni di Monza (in ricerche, studi, convegni), inascoltati e, spesso, derisi, parlano di “patto, al Nord, tra organi dello Stato e mafie”. Ora, grazie alla magistratura, il triangolo giunta Formigoni/Compagnia delle Opere/borghesia mafiosa diventa, anche per i grossi organi di stampa,metafora della modernità capitalistica distorta.Lo denunziavamo, con Giovanni Impastato e Umberto Santino nel recente libro “Anatomia di un depistaggio”(da poco in libreria);lo scrive autorevolmente, 2 giorni fa su “la Repubblica”, Barbara Spinelli: “non è chiaro se l’esecutvo dei tecnici si renda conto dell’urgenza di una questione morale divenuta, nel frattempo, antropologica, economica, politica; biografia di una nazione, nauseante per tanti”. La ministra Severino si è maldestramente scagliata, con cinici argomenti meramente difensivi e con indifferenza morale, verso i tanti (tutte e tutti boloscevichi?) che hanno osato criticare il provvedimento come puramente propagandistico. Il centrosinistra, che ha votato la fiducia ancora una volta, è coinvolto alla radice in un modello che genera di per sè corruzione. Bisogna li intervenire con severa radicalità:processi di privatizzazione dei beni pubblici, società miste pubblico/privato (vere o presunte) che trasformano in merce beni comuni,spoliazione del controllo popolare e degli utenti insieme ai lavoratori negando percorsi di partecipazione ed autorganizzazione. Del resto, vediamo ogni giorno che le vicende dell’acqua (nonostante la vittoria referendaria, che il centrosinistra ha contribuito a smantellare), del ciclo dei rifiuti, ecc., dimostrano l’intreccio tra Stato che privatizza, mafie e la maggior parte dei partiti (diventati consigli di amministrazione di corporations o di fondi di investimento). I partiti vanno profondamente rifondati nell’alveo della funzione assegnata dalla Costituzione di mediazione tra bisogni sociali, potere sociale e statualità. Non a caso, invece, il governo non reintroduce il reato di falso in bilancio; non contempla il reato di “autoriciclaggio” (ritenuto indispensabile dalla magistratura antimafia); non punisce il voto di scambio (nella legge è punibile se il politicolo paga in danaro, non se lo compra con assunzioni, appalti, favori; che è, invece, la normalità della casistica anche processuale; molti recenti corrotti e corruttori andranno, quindi, assolti). Le pene previste, poi, per reati come traffico di influenze, concussione, ecc., sono così modeste che scatteranno molto presto le prescizioni.Potrei continuare; ma mi fermo qui. Si ricredano, comunque, le tante persone che, anche nella sinistra radicale, pensavano che bastasse smetterla con il “bunga bunga” ed indossare il loden montiano per una “rivoluzione morale”. L’abito non fa il monaco.

Fonte: www.rifondazione.it

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