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La nuova Rifondazione Comunista: Eurosolidarity e partito sociale per stare nei processi dello scontro reale

fonte: Controlacrisi.org

“Eurosolidarity e partito sociale per stare nei processi dello scontro reale”

Rifondazione stavolta ha deciso di cambiare pelle, almeno ci prova fino in fondo, questa è la sensazione che si è avuta ascoltando il seminario Eurosolidarity che non a caso è stato piazzato dentro la conferenza dell’organizzazione del partito e al quale sono stati invitati i compagni greci e spagnoli che si occupano di mutualismo. Ne abbiamo discusso con Francesco Piobbichi che da anni oramai si occupa di mutualismo e pratiche sociali nel PRC.

Nel tuo intervento hai ricostruito la storia del percorso del partito sociale, ed hai detto che siete partiti dallo studio dello stato e della sua trasformazione nella crisi, che vuol dire?
Noi abbiamo iniziato a lavorare sulla forme della politica partendo dall’analisi scientifica di come si è modificato il ruolo dello Stato, nel liberismo prima e poi con l’accellerazione della crisi. Abbiamo indagato le condizioni di vita delle classi subalterne, ed abbiamo studiato le mosse del nostro avversario. Poi abbiamo studiato come i proletari si autorganizzavano per difendere le loro condizioni di vita dal punto di vista storico. Infine, abbiamo collocato le nostre pratiche nel presente, cioè abbiamo fatto inchiesta sociale nel paese attraverso le pratiche sociali. Insomma dietro il pane ad “un euro al kg” c’era un fornaio marxista.

E che avete scoperto, così lontani dalla politica tradizionale?
Abbiamo capito che è finito il 900, il compromesso tra capitale e lavoro, e quindi di conseguenza il ruolo dei partiti politici di massa, dei sindacati e anche di quello che viene chiamato terzo settore. Siamo di fronte ad un processo autoritario del capitalismo in Europa che Usa la crisi per restringere sovranità democratica e diritti. Questo processo non lascia spazio di manovra ai partiti riformisti, schianta il ruolo dei sindacati e rottama chi pensava di dare una pennallata di sinistra a tutto questo.

Ma le vostre pratiche sociali, il vostro percorso verso il mutualismo è stato e rimane complicato, c’è ancora chi vi accusa di fare la carità rossa o di fare testimonianza.
Ci sono due tendenze devastanti nella sinistra in Italia, la prima è la dimensione degli eterni sconfitti, un immagine sulla quale ha lavorato in questi anni un quotidiano come La Repubblica, oscurandoci da un lato e dall’altro dando un immagine di noi, dei comunisti sconfitti perenni, di nerds. La seconda è quella di chi non si rende conto che nei quartieri la legittimità sociale si riacquista nella quotidianità, nell’essere utili socialmente, dal tema del caro vita al blocco degli sfratti. Il vero problema è che il 90% del ceto politico della sinistra se entra oggi in un quartiere popolare rischia un attacco di panico, noi invece dovremmo costruire la nostra forza negli spazi che genera la crisi.

Salvini però entra, e voi no…
Entra la guerra tra poveri perchè è un tema vero, Salvini è un generatore automatico di comunicati stampa e non è meno politicante di altri, lui sfonda perchè entra nei quartieri attraverso i talk show non perchè c’è una presenza sociale della Lega. In fin dei conti anche lui è parte del processo di americanizzazione della nostra società, ed è utile al sistema per rafforzare il bipolarismo liberista. Dove operiamo con le pratiche mutualistiche le cose sono differenti.

In che senso?
Nel senso che siamo riconosciuti come differenti dagli altri, non ci vedono solo prima delle elezioni ma tutte le settimane, questa internità ci permette di implementare le nostre pratiche e comprendere i bisogni del popolo della crisi. I Gruppi di Acquisto Popolare, il dentista e lo psicologo sociale, la lotta contro gli sfratti nel centro-nord stanno diventando qualcosa di molto più significativo di una semplice pratica di partito. Stanno diventando una forma di lotta sociale territoriale confederata che apre a processi reali di autorganizzazione. A Lodi oramai abbiamo sperimentato un processo di autorganizzazione sociale che si è dotato di un programma di solidarietà che potrebbe essere replicabile in tutta Italia, ma anche a Piacenza e Padova, come a Bergamo o a Torino siamo impegnati per lavorare in questa direzione.

Cioè copiate Landini…
Avere la Fiom in tutti i territori che organizza processi di autorganizzazione sociale sarebbe utilissimo, come del resto potrebbe esserlo con USB. Di fatto da alcune parti questi rapporti già avvengono, ma devo dire che siamo ancora ad una fase primitiva. Il programma del comune sociale potrebbe essere sicuramente un luogo in cui cooperare e crescere tutti insieme. Il Fondo di Solidarietà per disoccupati ad esempio che abbiamo concepito come vertenza da sviluppare nei comuni, e sostenuto al tempo stesso da processi di autorganizzazione (con i profitti dei prodotti coltivati in forma solidale nei terreni demaniale e venduti dai GAP) è un tema che potrebbe diventare battaglia comune, se a Lodi lo abbiamo fatto potremmo farlo ovunque.

Non rischiate così di pensare troppo al locale e perdere il piano generale?
Affatto, basta pensare a Syriza e alle pratiche sociali di Solidarity For All. Non è un caso che abbiamo chiamato questo dibattito Eurosolidarity chiamando a discutere le realtà spagnole e greche che lavorano sul mutualismo. Con loro vogliamo costruire l’internazionale della solidarietà attiva contro il neoliberismo, questo ci pare ad esempio il miglior modo per far crescere il fronte politico e sociale contro l’austerity. Uno spazio non eurocentrico, ma più largo dell’Europa, che guarda con interesse il confederalismo democratico della Rojava e supera i confini di un’Europa fortezza della precarietà e della disoccupazione. Il meticciato di fatto lo generano le pratiche sociali, e noi dobbiamo lavorare per costruire un linguaggio comune per tutti i senza potere dell’euromediterraneo. Se dovessi fare un esempio concreto del nostro lavoro, penso alle palestre popolari che sono attraversate da migranti, rom, precari che crescono nelle stesse periferie, e che costruiscono allenamento dopo allenamento controcultura, uno stile di vita che permette di affrontare la barbarie sociale che ci scarica addosso il capitalismo.

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